Insetti ed aracnidi, cibo del futuro o solo ribrezzo?

Mangiare insetti ed aracnidi non è nostra abitudine, diversamente che in molti Paesi asiatici ed africani, oltre che sudamericani e financo in Australia, dove costituiscono una fondamentale fonte proteica: in tutti questi posti mangiare grosse grasse larve, cavallette, formiche, ragni, scorpioni non suscita alcun ribrezzo. Si pensi che insetti come i grilli forniscono proteine nobili complete di tutti gli amminoacidi essenziali al nostro organismo in misura non inferiore alla carne, e lo stesso dicasi per il ferro, che in alcuni insetti e’ presente in rimarchevole quantità. Un grillo per esempio può fornire una quantità di proteine che è quasi l’ottanta per cento di quello che viene mangiato. Gli insetti possono poi essere allevati in piccoli spazi e nutriti per la maggior parte di essi con gli scarti del nostro cibo, quello definito umido per intenderci; si riproducono velocemente e in gran numero ed hanno un accrescimento corporeo rapido che si misura spesso in giorni, a differenza per esempio di un bovino che richiede anni per accrescersi. Gli insetti mediamente producono 1 chilogrammo di proteine con due chilogrammi di cibo, un bovino ha invece bisogno di circa otto chilogrammi di cibo per produrne uno di proteine.

La quantita’ di acqua utilizzata per allevare insetti è molto minore rispetto a quella utilizzata per allevare animali da carne; essi in aggiunta non producono grandi quantità di deiezioni, le quali hanno comunque un minor impatto ambientale rispetto a quelle dei grandi allevamenti intensivi tradizionali. La FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, auspica che si incrementi il più possibile l’allevamento di insetti e aracnidi e l’entomofagia ( il nutrirsi di insetti), dal momento che la popolazione mondiale continua ad accrescersi numericamente, mentre la quantità di terre coltivabili non potrà più aumentare: anzi i terreni coltivabili tendono a ridursi a causa dei cambiamenti climatici e di dissennati comportamenti umani. Si pensi inoltre che gli insetti possono essere consumati nelle loro varie forme di accrescimento, ad esempio come pupe o larve e naturalmente, nella loro forma adulta. Si possono altresì mangiare anche le loro uova, come nel caso di quelle di formica; potrebbero anche costituire il cibo o parte del cibo utile all’accrescimento di aracnidi come ragni e scorpioni, ma forse questo utilizzo sarebbe meno efficiente.

A parte ora il ribrezzo che molti di noi provano per ragni o larve o grilli, senza dimenticare che una cavalletta privata della sua corazza esterna assomiglia moltissimo ad un gamberetto, e che quest’ultimo non privato della sua corazza assomiglia ad una cavalletta, veniamo a ciò che dice la normativa italiana in materia di commestibilità degli insetti: in Italia, come nella maggior parte dei Paesi europei, insetti ed aracnidi sono considerati Novel Food, ovvero cibo di nuova generazione, in quanto non vi è una tradizione europea nell’utilizzo di simili cibi, tuttavia ne è vietato l’uso per l’alimentazione umana. Ciò non toglie che chiunque voglia cibarsi di insetti o aracnidi può acquistarli magari su internet da chi in altri Paesi li produce per l’alimentazione umana.  Quanto invece alla possibilità di allevarli destinandoli per il momento alla nutrizione di altri animali come rapaci o serpenti o pesci, la normativa italiana sull’imprenditoria agricola con il Decreto legislativo  18/05/2001 n. 228, ha riammodernato l’obsoleto art. 2135 del Codice civile indirizzandolo verso l’allevamento non del solo bestiame, bensì di Animali, includendovi perciò anche gli insetti. Secondo il Regolamento dell’Unione Europea n.2283 del 2015 invece, un cibo Novel Food può essere introdotto in Europa solo dopo essere stato autorizzato dall’Efsa (European Food Safety Autorithy) che ha sede a Parma. In alcuni Paesi come Germania, Belgio, Danimarca, Olanda gli insetti sono tuttavia permessi come alimento in forza del fatto che tali Paesi si erano dotati di una propria normativa già prima dell’entrata in vigore di questo Regolamento europeo.

A mio giudizio, le già grandi ritrosie di natura culturale verso questo nuovo genere di cibo sono state accentuate dall’epidemia di Covid 19 per la quale si è ipotizzata un’origine e una diffusione a partire da animali di cui si cibano in Cina. In effetti non sappiamo molto su eventuali malattie (zoonosi) che potrebbero trasmettersi da insetti e aracnidi al genere umano una volta avviato su larga scala l’allevamento e il consumo di tali animali. Non ci sono molti studi al riguardo, e istituzioni pubbliche come gli Istituti Zooprofilattici non sono  forse ancora pronte con i loro veterinari a gestire le eventuali problematiche che potrebbero presentarsi una volta avviato l’allevamento e il consumo di insetti e aracnidi. Per di più è un cibo nuovo a cui non siamo abituati e nessuno può assicurarci che il nostro sistema immunitario non lo rifiuti, sviluppando così verso di esso delle allergie. Credo poi ancora che fino a quando non diventerà una vera necessità alimentare, in Italia soprattutto, mangiare locuste, scorpioni, larve, formiche, tarantole e altro, se e quando sarà permesso, verrà visto come una moda o un cibo di nicchia o al massimo una modesta variante e/o aggiunta alla nostra enorme tradizione gastronomica alla quale ben pochi Italiani saprebbero rinunciare. Comunque sia non è cosa del tutto estranea alla nostra tradizione cibarsi di insetti, anche se non direttamente: mi riferisco ad alcuni formaggi colonizzati dalle larve della mosca del formaggio, primo fra tutti il Casu Marzu in Sardegna, un formaggio brulicante di larve, le quali vengono mangiate insieme al formaggio, ma di cui è vietata la commercializzazione.

Non molti sanno infine che senza rendercene conto , mangiamo insetti in molte preparazioni alimentari, sia cibi che bevande, perché è inevitabile che insetti o parti di essi finiscano magari macinati o cucinati dentro un qualsiasi prodotto confezionato e non siano più distinguibili. Si può perciò abituarsi a mangiare anche insetti e aracnidi, ma le resistenze culturali sono difficili da superare. Vederseli nel piatto è un’altra cosa. Quanti di voi mangiano rane o addirittura lumache? Ogni tanto lo faccio: qualche anno fa in un antico ristorante di Arezzo ho suscitato il ribrezzo di tutti gli altri casuali commensali seduti al mio tavolo (non c’era ancora il Coronavirus e saremo stati in dieci o più) mentre tiravo fuori dal loro guscio delle succulente lumache in umido aiutandomi con delle particolari pinze. Eppure questo piatto era previsto nel menu, ma evidentemente nessun altro oltre me aveva avuto una nonna e un papà che preparavano con estrema cura e maestria una leccornia come le lumache in umido.

D’altronde loro non mangiano grilli, vermi e farfalle tutti i giorni?

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