Cibo italian sounding. Se suona italiano si vende

I prodotti dell’enogastronomia italiana sono apprezzati in tutto il mondo, ma è raro che all’estero sappiano riconoscere se quello che stanno mangiando o bevendo sia veramente italiano. Cibi e vini italiani si vendono, e questo stimola produttori spregiudicati che si trovano all’estero a mettere sul mercato imitazioni dei nostri pregiati prodotti, primo fra tutti il Parmigiano Reggiano. Il Parmesan, imitazione del nostro Parmigiano Reggiano viene ormai prodotto in larga scala negli Stati Uniti, in Russia, Canada mentre in altri Paesi come l’Argentina si sono inventati il Reggianito e spesso furbescamente sulla confezione vengono riprodotti i colori della bandiera italiana o un logo scritto in lingua italiana o ancora un nostro monumento. Secondo la Coldiretti il valore dei prodotti agroalimentari italiani contraffatti all’estero e’ ormai arrivato a toccare i 100 miliardi di euro e riguarda tutti i più conosciuti nomi della nostra tradizione enogastronomica, per cui non è impossibile trovare un vino Barbera bianco o un Chianti californiano. Il paradosso e’ che Paesi come gli Stati Uniti pretenderebbero di esportare in Italia le imitazioni dei nostri prodotti DOP ( denominazione di origine protetta), ma deve essere chiaro che tradizione cultura e radicamento nel territorio non si toccano. Nessun Italiano accetterebbe di mangiare un Caciocavallo silano fatto sui monti Urali o di bere un Brunetto di Montalcello: basti pensare che la petizione sui cibi anonimi presentata alla UE per iniziativa della Coldiretti con l’appoggio di altre organizzazioni in vari Paesi europei, ha raggiunto in questi giorni 1.100.000 firme di cui l’ 85 per cento arriva dall’Italia. In questa petizione si chiede in sostanza di dichiarare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti, sia quelli trasformati che non. Ricordate Alberto Sordi nel film “Un americano a Roma”? L’attore interpretava un giovanotto romano che voleva diventare americano a tutti gli effetti, perfino nel modo di mangiare, ma che appena provato a cibarsi all’ americana, diceva che quel cibo andava dato al gatto, e così si avventava sui maccheroni che lo avrebbero provocato.

M’hai provocato e me te magno

Questo non significa che i cibi esteri non siano buoni, ma che gli Italiani si identificano con il loro cibo, tanto da poter dire che siamo ciò che mangiamo, ben sapendo che il nostro cibo identifica precisamente il territorio da cui proviene ed è parte integrante della nostra tradizione, cultura e italianità. Oggi per buona parte i nostri prodotti sono tutelati da denominazioni di origine e indicazioni geografiche, ma la loro tutela e identificazione e’ già insita nel nome oltre che nella loro esistenza secolare: Porchetta di Ariccia, Vino Nobile di Montepulciano, Passito di Pantelleria, Piadina romagnola, Bastardo del Grappa, Mozzarella di bufala campana, Dolcetto d’Alba, Ventricina abruzzese, Olio di oliva del Garda, Pane di Altamura, Fontina valdostana… Prodotti come questi si fanno solo in Italia e nessuno mai potrà impossessarsi dei segreti nascosti nella tradizione e nel territorio: che suoni italiano non basta per fare di un formaggio o di un vino un vero prodotto italiano. L’italian sounding però lo si ritrova all’estero anche negli improbabili ristoranti italiani gestiti da stranieri che non conoscono una sola parola di italiano: nei passati anni 90 ho provato a Londra più di un ristorante italiano gestito da spagnoli e portoghesi con menù scritto in uno strano italiano iberico, con odori sapori qualità dei cibi indescrivibili; quest’anno un ristorante pizzeria a Bratislava, gestito da turchi, proponeva una pizza “a la diavolla”, mentre sulla pizza al tonno che ho ordinato c’era l’80 per cento di sgombro e il 20 di scadente tonno. Perfino i veri ristoranti italiani all’estero non sono però immuni dall’italian sounding, adattandosi spesso ai gusti del Paese nel quale si trovano: vi propongo di guardare al riguardo il film Big Night, nel quale due fratelli italiani emigrati negli USA si accapigliano perché uno dei due vuol rispettare alla lettera la tradizione culinaria italiana, l’altro invece vuole accontentare i clienti permettendo loro di stravolgerla completamente.

Una scena del gustoso film

Riuscirà l’Italia in un mondo globalizzato ad arginare l’invasione del cibo italian sounding e a conservare la propria identità culturale? E sarà ancora capace di veicolare nel mondo il messaggio dell’elevata qualità enogastronomica dei nostri prodotti?

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