La salvaguardia della biodiversità intesa come insieme delle specie viventi, sia vegetali che animali, è di fondamentale importanza per garantire l’equilibrio ambientale non solo negli ambienti di natura selvaggia, ma anche nelle aree antropizzate e negli ambienti agricoli.


La biodiversità favorita anche in agricoltura ci garantisce di poter continuare a nutrirci in maniera adeguata. L’ISPRA istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale dice al riguardo: “L’agricoltura e l’alimentazione dipendono tuttavia dalla diversità di relativamente poche piante e animali. Oggi solo 150 specie delle 7000 disponibili come nutrimento umano sono coltivate a livello significativo nel mondo e solo 3 (mais, grano e riso) garantiscono circa il 60% del fabbisogno di proteine e calorie nella dieta umana. Negli ultimi cento anni si è verificata una perdita enorme di agro-biodiversità: quasi il 75% della diversità genetica di specie coltivate è andato perso”.


Tuttavia la Penisola italiana è, grazie alla sua conformazione e posizione geografica ancora ricca di biodiversità naturale, soprattutto nel campo degli animali invertebrati, ma anche e soprattutto nel settore agroalimentare dove vanta un primato assoluto nel mondo per le varietà di viti e di olivi. Tra gli animali la Vacca Burlina in Veneto e i bovini di razza Pontremolese sono un esempio di salvataggio di razze che rischiavano l’estinzione.

Tra le piante si pensi al recupero di antichi grani non più coltivati a causa di basse rese per ettaro, non solo il Senatore Cappelli, ma anche un grano come il Saragolla. Questo però non è sufficiente a preservare la biodiversità dall’attacco portato da agricoltura e allevamento intensivi, nonché dai cambiamenti climatici, dal cattivo uso del suolo e dell’acqua. A questo si aggiunga il fatto che alcune produzioni sono tutt’altro che diversificate e che specie animali e vegetali non autoctone stanno scalzando via quelle esistenti in maniera preoccupante. La biodiversità e’ la nostra salvezza in caso di minacce ad alcune piante o animali: la’ dove si è scelto di praticare ad esempio la monocoltura sarebbe un vero disastro una malattia che colpisca proprio quella coltura; si pensi agli scarsi raccolti di patate in Irlanda nel 1845 e nel 1846, quando quasi tutti i campi erano coltivati con questo tubero, e alla terribile carestia che ne seguì. Senza però andare troppo lontano nel tempo, si consideri che quest’anno il raccolto del grano in Canada si è dimezzato e siccome questo Paese integra in buona parte la produzione di grano duro in Italia, si stima che fra alcuni mesi i prezzi delle farine ma soprattutto della pasta, aumenteranno notevolmente nel nostro Paese.

Grandi Paesi produttori e grandi Paesi trasformatori di materia prima: questo modello comincia a evidenziarsi insostenibile; bisogna privilegiare maggiormente piccole produzioni che provengono da materia prima agricola a più bassa resa, ma geneticamente diversificata, con sempre maggiore recupero di antiche varietà di colture e preservazione dei terreni agricoli mediante pratiche come il sovescio e la rotazione delle colture, oltre ovviamente all’ agricoltura biologica e alla lotta integrata ai parassiti.

Come ho già avuto occasione di scrivere in precedenti articoli, abbiamo in Italia anche molti terreni da recuperare all’agricoltura biologica lungo tutta la catena appenninica e proprio su questi terreni, già ricchi di biodiversità, si possono riproporre colture come quelle di vari tipi e varietà di legumi utili ad integrare la nostra alimentazione con proteine e fibre, le quali contribuirebbero a ridurre il consumo e l’abuso di cibi di origine animale di bassa qualità provenienti da allevamenti intensivi.

L’Italia dispone poi di pascoli di montagna sia sugli Appennini che sulle Alpi, con una biodiversità naturale in grado di fornire un nutrimento per la produzione di latte di elevata qualità: tutto questo va indirizzato però verso una minore resa produttiva con animali al pascolo, la riscoperta di specie autoctone e prodotti caseari legati esclusivamente a quelle specie come la Vacca Burlina il cui latte si utilizza per la produzione dei formaggi Morlacco e Bastardo del Monte Grappa.


Anche per il settore agroalimentare e per la sempre maggiore promozione della sua biodiversità, e’ ormai necessario indirizzarsi verso un consumo oculato e ovviamente verso una minore produzione, realizzando minori rese, ma privilegiando la qualità: questo a vantaggio della natura, dei suoli, del benessere animale e umano, dei prodotti tipici italiani e della loro qualità. Mi riallaccio qui a quanto ho già scritto nel mio articolo a difesa delle api e della loro importanza nell’ impollinazione di numerosissime piante utilizzate per i nostri scopi alimentari, oltre al mio articolo nel quale parlavo dell’ulivo e dell’ulivi coltura aggredita non solo dalla Xilella fastidiosa ma anche dalla corsa al ribasso dei prezzi dell’olio a scapito della sua qualità, oltre all’immagine stessa del paesaggio italiano, di cui l’ulivo insieme alla vite è un simbolo.




